25/07/2011

Monte Cristalliera 2801 m.























Località di partenza: Rifugio Selleries 2023 m.
Arrivo: Monte Cristalliera 2801 m.
Dislivello: 778 m.
Tempo di salita: 2:30 ore
Difficoltà: EE
Cartografia: IGC n.1 1:50.000 Valle di Susa Chisone e Germanasca
Bibliografia: www.rifugioselleries.it
Accesso stradale  dall'ex sanatorio Agnelli di Pra Catinat, su strada sterrata con fondo mediocre per 5 km sino al Rifugio Selleries.
















Descrizione: dal rifugio si seguono le indicazioni per la Cristalliera (EPT 339), si scende ad imboccare il sentiero che porta verso Selleiraut. In prossimità del laghetto, si lascia il percorso che scende e si imbocca sulla sinistra una traccia che, in pochi minuti si congiunge con la pista che porta ad un gruppo di baite: Cà ‘d Vanda. Percorso per un tratto questa pista, ed appena superato il Rio Selleries ci si incammina sulla sinistra, (altro cartello), e con una serie di tornanti, fra pascoli e roccioni si inizia a salire. Al culmine della salita, raggiunta una sorta di colletto, il sentiero spiana leggermente e si incontra un bivio (cartello indicatore). Qui si può scegliere: proseguendo verso sinistra il sentiero ritorna a salire dolcemente conducendo direttamente al Lago della Manica; seguendo il percorso verso destra, meno ripido si raggiunge il Lago del Laus. Entrambe le direzioni vanno bene per raggiungere la vetta della Cristalliera: più in alto, infatti, si ricongiungono. Proseguendo verso il Lago del Laus (2259 mt), si passa vicino alle omonime bergerie, dove, in una di esse è stato ricavato un piccolo Bivacco a disposizione degli escursionisti. Il Laus è un lago molto piccolo soprattutto nei periodi di siccità, la sua caratteristica è di avere un isolotto nel centro, che gli vale l'altro suo nome: Lago della Mouta (in occitano alpino "zolla di terra”). Il sentiero costeggia l’invaso e ricomincia a salire svoltando in mezzo alle rocce, raggiungendo, in breve tempo, il Lago della Manica (2365 m.). Questo pittoresco lago è incastonato fra i pascoli e la grande pietraia posta ai piedi del Torrione Centrale della Cristalliera. Il sentiero prosegue alla volta della pietraia, inerpicandocisi con una serie di tornanti. In una quarantina di minuti dal Lago della Manica si raggiunge il Colle Superiore di Malanotte, posto tra le cime di Punta Malanotte e del Monte Cristalliera. Si segue ancora il sentiero, che scenderà gradatamente verso la Val Susa, per una cinquantina di metri, poi si devia a destra seguendo l’evidente traccia che sale verso la Cristalliera. Il sentiero ora si snoda tra facili roccette, pervenendo, in circa venti minuti, alla sommità del Monte Cristalliera (2801 metri).Dalla cima si gode di un panorama incomparabile, pur non raggiungendo una quota elevatissima, infatti, la vetta è isolata e consente un colpo d’occhio a 360gradi.
Il rientro avviene per il medesimo itinerario di salita. 
Note: Inutile ricordare che una sosta mangereccia al rifugio Selleries è quasi obbligatoria.

19/07/2011

Monte Bianco 4810 m.

MONTE BIANCO 21/09/1987
Il momento tanto atteso finalmente è arrivato. Dopo un intenso inverno di sci-alpinismo e un’estate di escursioni, tutto è pronto; io, Andrea Viano (allora aspirante G.A) Claudio, Giancarlo e un amico di Andrea, il 20 settembre 1987 ci avviamo verso il Monte Bianco, con l’intenzione di salirlo (ovviamente) e dal suo versante più accessibile (quello francese per intenderci).Arrivati in Valle d'Aosta “Egli” ci appare. Il tempo è bello, danno solo il passaggio di una breve perturbazione in serata, ma domani dovrebbe essere stupendo. Confidiamo (le previsioni nel 1987, non erano di certo attendibili come oggi) e pensiamo con invidia ai fortunati che in questo momento sono in cima. Speriamo che domani sia veramente così. Attraversiamo il tunnel e raggiungiamo la stazione del "Trenino del Mont Blanc ". Scarichiamo armi e bagagli e saliamo. Il percorso è lungo ma piacevole, ma alla fine arriviamo (con molti altri che hanno lo stesso obbiettivo) al Nid d’Aigle. Finalmente il Nid d'Aigle! Zaini in spalla e via (con la previsione di almeno 4-5 ore di marcia) sul l sentiero che, con innumerevoli tornanti, ci porta fino al rifugio Tete Rousse. Da qui si vede distintamente la meta (meglio sarebbe non guardare) della giornata : il rifugio Goùter, ben visibile su uno spuntone. Sembra vicino, ma così non è; ci vorranno ancora più di tre ore per raggiungerlo. Il percorso si presenta senza neve, appare il famoso e temuto canale da attraversare. Questo è sicuramente il tratto più pericoloso della salita. Da fare possibilmente di corsa, schivando i proiettili che arrivano dall’alto. Con un po' di paura lo superiamo fortunatamente tutti indenni e iniziamo l'infinita arrampicata sulle rocce che portano al rifugio.Finalmente sfiniti raggiungiamo il rifugio e cerchiamo una illusoria sistemazione (a quei tempi il rifugio era quello vecchio, max 70 persone, mal contati eravamo 200), in attesa della cena (in orario ospedaliero) approfittiamo per fare fotografie (poche, esistevano solo i rullini e costavano). Dopo un frugale pasto (i rifugi francesi non offrono molto, e l’acqua costa più dello champagne), ci invitano ad uscire dal rifugio per riassettare. Tempo 10 minuti, e rientrati il posto più comodo per sistemarsi, era sotto il tavolo (fortunato chi ci è riuscito). Io dovrò accontentarmi di dividere un pezzo di panca con un “cugino” francese (a spintoni ovviamente). Notte lunghissima, se consideriamo che sono solo le 20 (sigh!) Risveglio fissato per le ore due. Superfluo dire che non dormiamo un granchè sia per la stanchezza sia per l'ansia che ci tormenta, e sia per quel francese che continua a spingere per mettersi comodo. Riusciremo ad arrivare in vetta? La sveglia è una liberazione. Una misera colazione e poi ci prepariamo. Verso le tre la partenza alla luce delle pile frontali, temperatura decisamente fresca ma con cielo stellato. Si intravede una lunga fila di lucine sui primi pendii, poi sempre più duri. Arriviamo alla capanna Vallot alle prime luci dell'alba, e ci rincuoriamo. La cresta delle Bosses ora è lì davanti a noi, sembra dura, ma si rivelerà anche peggio. L’affrontiamo e ci avviamo a passo lento, l'aria comincia un pò a mancare; più si sale e più si soffre. Mi consolo vedendo che anche le altre cordate non corrono.. La velocità si riduce ancora. Pochi passi e una fermata, cercando di trovare un po' d'aria. I momenti di sconforto si susseguono, ma rinunciare ora, significherebbe non tornare un’altra volta; non avrebbe senso. Rinunciare sarebbe una follia. Proseguiamo sulla cresta che si fa sempre più esile, mentre cominciamo ad incrociare le prime cordate che già scendono. Ad un tratto, senza più pensieri tutto finisce: non c’è più salita, è la vetta. Quasi non ci credo, sono sul tetto d'Europa, ce l'abbiamo fatta! Ci complimentiamo con delle strette di mano, scattiamo le foto di rito,che mai come questa volta sono tanto importanti per fermare questi attimi. Non possiamo che guardarci intorno con la splendida visione delle vette sotto di noi. Altre cordate arrivano dal monte Maudit, ancora più stravolte di noi. Rimaniamo per un po' in vetta, non fa neanche troppo freddo e vogliamo raccogliere più emozioni possibili da ricordare. Bisogna però scendere. Ci avviamo con prudenza sulla stretta cresta e iniziamo l'infinita discesa che ci porterà prima alla capanna Vallot, dove poco più sotto ci fermiamo al sole a mangiare qualcosa; per la prima volta in vita mia, avevo comprato le famosissime barrette energetiche, sponsorizzate allora da Messner, fortunatamente dopo la prima sono riuscito a fare un cambio, (per me molto vantaggioso), con un altro alpinista con pane e salame, poi ancora una lunga discesa verso il rifugio del Gouter, finalmente in luoghi più sicuri. Ancora una meritata sosta al rifugio, poi la cresta rocciosa sino al maledetto traverso. Infine senza più problemi alla partenza del trenino, con i piedi a dir poco fumanti. Arriveremo esausti a valle con la voglia di piantare lì tutto e con un solo pensiero “ma chi me lo fa fare”. Ma la settimana dopo siamo di nuovo impegnati su altri itinerari, come sempre.

11/07/2011

Rocca Turo 2759 m.

Graziosa punta poco conosciuta e un po snobbata, ben visibile dal Pian della Mussa. Situata un centinaio di metri sopra il Rifugio Bartolomeo Gastaldi, quindi raggiungibile in neanche mezz'ora dal rifugio, sorge in una cerchia di monti tra i più belli e celebri delle Valli di Lanzo. Dominatrice incontrastata della conca è la Bessanese che presenta l'imponente parete orientale, la Ciamarella, Punta d'Arnas, Punta Maria solo per citarne alcune.













Località di partenza: Pian della Mussa 1787 m.
Arrivo: Rocca Turo 2759 m.
Dislivello: 972 m.
Tempo di salita: 3 ore
Difficoltà: E
Cartografia: IGC n.2 1:50.000 Valli di Lanzo e Moncenisio
Accesso stradale parcheggio a pagamento 3 euro.












Descrizione: dal termine della carrozzabile del Pian della Mussa, si segue un sentiero a sinistra che attraversa il ruscello su di un ponte e prosegue pianeggiante in direzione della Rocca Venoni. Lasciato a sinistra l'alpeggio omonimo (costruito sotto un'enorme masso), il sentiero entra nell'incassato canale delle Capre, con percorso tortuoso e ripido, lo risale per 150 m. di dislivello , poi si sposta a sinistra arrivando alle distese erbose del Pian dei Morti.
Si continua in leggera salita per dei lunghi pendii interrotti da alcuni stretti canali, sovente innevati sino a inizio estate, dominati a desra dalla erta parete orientale della Rocca Turo.
Al termine del percorso diagonale il sentiero riprende a salire con una lunga serie di svolte, portandosi a ridosso di una parete rocciosa; superare delle rocce bagnate (alcuni tratti attrezzati con corde, ma nulla di impegnativo), si entra nel valloncello e innalzandosi guadagna per sfasciumi un tratto pianeggiante e la conca del Crot del Ciaussinè dove si trova il rif. Gastaldi (2 ore e 30').

Ora non rimane che salire subito a fianco del rifugio sulla destra, ed in trenta minuti circa senza percorso obbligato si raggiunge la cima della Rocca Turo (m.2759), dve si trova una piccola croce e una statuetta della Madonna. Si ritorna seguendo l'itinerario di salita.







04/07/2011

Punta Tre Chiosis 3080 m.

La Punta Tre Chiosis è giustamente reputata per il notevole panorama che si osserva dalla cima: il Monviso appare vicinisimo, sembra di poterlo toccare, contornato dai suoi satelliti, Visolotto m.3348, Gastaldi m.3214, e via tutte le altre... Rappresenta una valida alternativa al panorama che si gode dal vicino Monte Losetta. Dalla cima oltre al Viso è possibile riconoscere oltre alla Losetta (m.3054), il Monte Aiguillette (m.3298), il Pic d'Asti (m.3219), il Roc della Niera (m.3177), il Mongioia (m.3340), il Pelvo d'Elva (m.3064).

Località di partenza: stazione superiore della seggiovia (m.2375)
Arrivo: Punta Tre Chiosis
Dislivello: m.705
Tempo di salita: 2:30 ore
Difficoltà: E
Cartografia: IGC, n.6 1:50.000 Monviso
Accesso stradale piazzale della seggiovia dove è possibile posteggiare l'auto.




Descrizione: scesi dalla seggiovia, sulla destra è visibile il sentiero, molto frequentato, che sale dapprima dolcemente e poi con pendenza più elevata, attraverso i pascoli della Grangia, verso l'intaglio della cresta che si trova appena sotto la cima delle Conce: qui l'impatto con la vista ravvicinata del Monviso è mozzafiato. Si svolta a sinistra, tralasciando il sentiero che si dirige verso i rifugi Gagliardone e Vallanta (visibili in basso), si costeggia la lunga cresta Savaresch sul versante di Pontechianale, prima con una serie di tornanti, poi un lungo e ben traverso che incontra e attraversando le piste di sci, si continua raggiungendo i resti di un vecchio ricovero (m.2988), per poi salire su detriti fino all'ampia cresta che conduce in vetta. Panorama meraviglioso.
Si ritorna seguendo il percorso di salita, oppure, ritornati all'arrivo dello skilift svoltare decisamente a destra, perdendo rapidamente quo
ta in direzione della stazione superiore della seggiovia.